Isola del Garda

L’isola di Garda, originariamente Monastero Longobardo connesso a Brescia, della regina Ansa, era detta anche Schwaben, conosciuta anche come isola di Svevia di Federico I Hohenstaufen detto Barbarossa, poi Borghese o isola dei Frati, è la più grande isola del lago omonimo.

Distante poco più di 200 metri da Capo San Fermo, promontorio che divide il golfo di Salò dalla baia dello Smeraldo, misura all’incirca un chilometro di lunghezza ed è larga in media 60 metri.

A sud dell’isola si trova una catena di scogli e bassi fondali, alla fine dei quali emerge l’isolotto di San Biagio, conosciuto anche come Isola dei conigli; in prossimità dell’isola si trova lo scoglio dall’Altare, così chiamato in quanto si racconta che su di esso una volta all’anno venisse celebrata una messa alla quale assistevano i pescatori provenienti da tutto il lago a bordo delle loro barche.

Amministrativamente l’isola appartiene al territorio comunale di San Felice del Benaco.

La Storia
L’isola fu abitata sin dall’epoca romana, quando era conosciuta come Insula Cranie. Ciò è provato dal rinvenimento di numerose lapidi gallico-romane (ora conservate al museo romano di Brescia) e da resti di templi votivi.

Abbandonata nei secoli di decadenza dell’Impero Romano, per lungo tempo l’isola fu rifugio dei pirati, che assaltavano le imbarcazioni che percorrevano le rotte del lago di Garda.

Nell’879 viene per la prima volta menzionata in un decreto di Carlomanno di Baviera, che documenta la donazione dell’isola ai frati di San Zeno di Verona.

Non si sa per quanto tempo l’isola rimase proprietà dei monaci, in quanto la successiva notizia la vede facente parte, intorno al 1180, del feudo concesso dall’imperatore Federico Barbarossa agli avi di Biemino da Manerba.

Nel 1220 san Francesco d’Assisi, di ritorno da un viaggio in oriente, giunse a visitare l’isola e, reputandola luogo ideale per una comunità di frati, grazie al suo carisma convinse il proprietario Biemino da Manerba a donargli l’area scogliosa della parte settentrionale, ove venne realizzato un piccolo romitorio.

Nel 1227 l’eremo accolse sant’Antonio di Padova e nel 1304, secondo la tradizione, avrebbe ospitato anche Dante Alighieri, che avrebbe ricordato il luogo nella Divina commedia con i versi:

«Loco è nel mezzo là dove ‘l trentino
pastore e quel di Brescia e ‘l veronese
segnar poria, s’e’ fesse quel cammino»

(Inferno, Canto XX)
Nel 1429 vi giunse san Bernardino da Siena, che in veste di vicario generale dell’ordine francescano fece trasformare il romitorio in un vero e proprio monastero, mettendo egli stesso mano al progetto per la chiesa, il chiostro, le celle e i giardini.

L’isola divenne un importante centro ecclesiastico di meditazione e ospitò illustri personaggi religiosi, tra cui il vice-generale dell’Ordine francescano padre Francesco Licheto, che a partire dal 1470 vi istituì una scuola di teologia e filosofia.

La morte di padre Francesco segnò tuttavia l’inizio della decadenza della comunità religiosa dell’isola. Dal 1685 al 1697 il convento ospitava solo i frati novizi in ritiro e, nel 1798, l’oramai vetusto monastero venne definitivamente soppresso da Napoleone Bonaparte.

Dopo essere passata al demanio, la proprietà cambiò negli anni successivi molti padroni, per giungere nel 1817 nelle mani del conte Luigi Lechi di Brescia, che fece costruire una residenza sulle rovine del monastero e eseguì importanti opere di restauro e costruzione, tra le quali il porticciolo, costruito nel 1830 su progetto dell’architetto Rodolfo Vantini. Nell’isola dimorò per molto tempo la cantante lirica Adelaide Malanotte, amante del Lechi, meravigliosa interprete delle opere del Rossini. Nel 1837 il conte cedette l’isola al fratello Teodoro, ex generale dell’esercito napoleonico, il quale fece aggiungere al complesso le terrazze sul fronte della casa.

Nel 1860 l’isola fu espropriata dallo Stato per costruirvi una fortezza militare, ma il progetto venne in seguito abbandonato e nel 1870 l’isola arrivò nelle mani del duca Gaetano de Ferrari di Genova. Con la moglie, la nobildonna russa Maria Sergeevna Annenkova, si dedicò alla progettazione ed alla realizzazione del parco, con la costruzione di muri di contenimento verso il lago e il trasporto di terra fertile in cui vennero impiantate essenze autoctone. Prima della morte del duca, avvenuta nel 1893, concepirono insieme il progetto di un lussuoso palazzo da costruirsi al posto della vecchia casa Lechi. La villa, in stile neogotico-veneziano che ricorda il Palazzo ducale di Venezia, venne realizzata tra il 1894 e il 1901 su progetto dell’architetto genovese Luigi Rovelli. Il palazzo fu arricchito da terrazze sistemate a giardino all’italiana, con elaborati disegni di siepi e cespugli fioriti.

Alla morte della duchessa la proprietà passò alla figlia Anna Maria – in seguito sposa del principe romano Scipione Borghese – la quale ne fece la propria residenza e arricchì il parco con essenze esotiche. Nel 1927 alla morte del principe, l’isola passò in eredità alla figlia Livia, moglie del conte bolognese Alessandro Cavazza. I suoi pronipoti, che ancora oggi la abitano continuando ad occuparsi del parco e della conservazione del palazzo, dal 2002 hanno aperto l’isola alle visite turistiche.

sito web: https://www.isoladelgarda.com/

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